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Shōjo


Con il termine giapponese shōjo (少女? letteralmente, “ragazza“) ci si riferisce ad anime e manga destinati ad un pubblico femminile che va dagli ultimi anni dell’infanzia (dieci anni) sino alla fine dell’adolescenza (intorno alla maggiore età).

Definizione del termine

In Italia a volte c’è una certa confusione sul termine, e si pensa che uno shōjo sia un qualunque manga o anime che tratti tematiche sentimentali. C’è quindi chi definisce, ad esempio, Video Girl Ai uno shōjo quando, invece, in Giappone è considerato uno shōnen a tutti gli effetti. Il punto è che uno shōjo non è tale per i suoi contenuti, che possono essere di qualunque tipo, ma per il pubblico a cui è indirizzato, cioè quello femminile giovane. All’interno del genere esistono molte altre suddivisioni che cercano di raggiungere in maniera capillare fasce d’età più ristrette (dai dieci ai dodici anni, dai dodici ai quattordici, e così via). I maggiori successi shōjo, comunque, vengono fruiti trasversalmente anche da persone di età maggiore, o anche di genere maschile.

Video Girl Ai

Video Girl Ai

Breve storia degli shōjo manga

Dopo essere stati realizzati, sino al termine degli anni sessanta, da autori maschili, gli shōjo manga in particolare, cominciano a essere prodotti da autrici femminili, che ne modificano profondamente tematiche e grafica.

Considerati a lungo come fumetti di seconda categoria e scarso valore, l’affermazione degli shōjo manga si ha nel corso degli anni Settanta, grazie ad autrici come Ikeda Riyoko, Moto Hagio e Takemiya Keiko e altre.

Inizialmente incentrati su tematiche sentimentali, con ambientazioni europee e personaggi e situazioni melodrammatici e idealizzati, gli shōjo manga ampliano col trascorrere degli anni i soggetti trattati, dall’horrorsport, alla fantascienza, sino al realismo contemporaneo, tipico dei titoli più recenti.

Dal punto di vista grafico gli shōjo manga si distinguono per un’impaginazione libera, un ampio uso di elementi simbolici per esprimere gli stati d’animo (celebre le decorazioni floreali), personaggi dai fisici eterei e gli occhi dalle dimensioni pronunciate.

Negli anni più recenti, tuttavia, autrici come Anno Moyoko o Okazaki Kyoko hanno preferito una grafica maggiormente veloce, volutamente scarna e sgradevole, lontana dagli idealismi degli shōjo manga classici, nel tentativo di dipingere con maggior realismo l’alienazione contemporanea.

Tra i sottogeneri particolarmente fiorenti e notevoli dello shōjo manga ci sono gli shōnen’ai (opere a sfondo omosessuale maschile) e il mahō shōjo.

Gli shōjo in Italia

Nonostante uno dei primissimi fumetti giapponesi originali pubblicati in Italia, Candy Candy, fosse uno shōjo manga, il genere ha avuto molte difficoltà a imporsi presso il pubblico nostrano, malgrado il successo delle versioni anime, come lo stesso Candy Candy, Georgie, Jenny la tennista o Lady Oscar. A metà degli anni novanta shōjo manga classico, ed estremamente celebre, ovvero Caro Fratello, non incontrò il favore del pubblico, consolidando così la convinzione che la pubblicazione di manga per il pubblico femminile non garantisse un sufficiente ritorno economico.

Jenny la tennista

Jenny la tennista

È solo alla fine degli anni novanta che gli shōjo manga riescono finalmente a ritagliarsi un loro spazio tra il pubblico italiano, grazie soprattutto a titoli come Mars, Marmalade Boy e Cortili del cuore, che aprono la strada a molte altre opere.

Marmalade Boy

Marmalade Boy

All’inizio degli anni duemila, in Italia gli shōjo manga si affermano definitivamente, con la traduzione di decine e decine di titoli.

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