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Milena Motti


Questa pagina è un omaggio ad un Angelo irrequieto, Milena Motti, amica e pittrice.

Milena con i suoi lavori tenta di esprimere il suo amore-odio nei confronti di un vita, da vivere con disperata passione, sapendo al tempo stesso (essendo una creatura intelligente) che l’amore più grande che una donna possa ricevere dalla vita e che per tragico destino ha perso, vivrà per sempre con forza inaudita nel suo cuore. la sua pittura tende a squarciare il muro di una realtà che e solo apparentemente senza speranza.

Con stima Nico.

“Il compimento dell’amore”

Gli intrecci di – linguaggio naturalistico”: costituito soprattutto dai fiori e dalle foglie che contraddistinguono le tele di Milena Motti. rivelano sempre più la particolare -induttiva” sensibilità nel voler rappresentare, attraverso quegli elementi, tutto ciò che “rilegge “. degli accadimenti del proprio percorso di vita.

Quello della Motti appare come un viaggiare al di sopra della propria fisicità: un astrarsi dalle banali consapevolezze del vivere quotidiano, alle quali purtroppo si è indissolubilmente legati, per esplorare in quegli elementi della natura vitali’ , quelle che sono le linfe fonda-mentali e rigenerative.

Queste iniziali motivazioni del cammino pittorico della Motti che era proseguito nella ” pacata “proposizione di quelle forme reali rappresentative della creazione “.

Quei i fiori e quelle piante che l’affascina vano tanto da doverli descrivere e analizzare: assumono ora, in queste ultime opere, una modificazione nell’intercalarsi di ” graffiate stille vermi-gli ” come simbolica oggettivazione di una tangibile ferita subita.

Rubini, quei rossi vermigli, che sostanziano il come l’elemento natura: radio-so nei già « dilatati lampi di gialli ed azzurri » e pieni di una luminosità che tendeva ad accompagnare e proteggere il contesto proposto, venga ora macchiato da “lacerazioni” che proprio in virtù d’essere stati ” una perduta intimità personale”,  hanno sempre più pressante la necessità d’essere manifestate. come costante esclusiva ferita. E. quei'” fiori dell’anima” che nella mostra romana, apparivano di volta in volta nelle felci come nella glicine: nei rododendri come nelle petunie. nei grappoli azzurri – lilla delle papilionacee, così come la placenta di quelle fanerogame: sempre più rappresentative di un desiderio di protezione del proprio seme rigenerativo – come segnale in-consciamente vissuto -: appaiono oggi attraversati da questi  “tormenti ” che segnano e fermano, nell’attimo descrittivo, quello svanito…. di un interiore e riservato tragitto di vita.

Roma, 2 aprile 2008

Aurelio De Rose

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  • E-MAIL millemotti@yahoo.it
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