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Johnny Focus di Attilio Micheluzzi

19 luglio 2009

Johnny Focus di a. micheluzzi (1)Lo spettacolo televisivo, con le sue regole scarsamente accomodanti, con i suoi tempi per nulla dilatabili. con i suoi obblighi spettacolari e le cadenze ritmate da Severi palinsesti, ha insegnato qualcosa anche all’avventura disegnata. o, per lo meno, l’ha invogliata a riguardare le proprie abitudini ed i propri incessanti incanti. La stagione delle grandi saghe, delle peregrinazioni che si allungavano per settimane e mesi, l’istituzione stessa del “to be continued” (ossia, “continua alla prossima settimana”) hanno dovuto – in qualche maniera – fare i conti con una rinnovata concezione del trattamento.

Giacché ormai lutti ci troviamo nella condizione di fruitori, più o meno incalliti, di programmi per così dire casalinghi, che consumiamo cori una serie di abitudini pantJohnny Focus di a. micheluzzi (2)ofolaie (quasi ai limite del cerimoniale e della nevrosi), non penso che il richiamo alle strutture televisive possa create una qualche perplessità. Abituati come ormai siamo allo spettacolo che ci raggiunge tra le pareti domestiche, è fuor di dubbio che anche lo spettatore più distratto ed indifferente si è reso conto di alcune prassi fondamentali. Di certi schemi che i diversi centri di produzione tengono in massima considerazione.

Uno dei più affermati, e pertanto rigorosamente celebrati, riguarda la durata della trasmissione. o, per meglio dire, della puntata del programma che viene messo in onda. Una durata abbastanza anomala per chi è stato, in passato, fedele ed accanito frequentatore di sale cinematografiche, ché lo spazio del racconto si è sensibilmente ristretto nei confronti della canonica ora a mezza del film spettacolare.

Sulle prime, quando appunto La televisione non apparteneva ancora ai piccoli vizi del casalingo siffattoJohnny Focus di a. micheluzzi (3) restringimento aveva colpito un po’ tutti, Sembrava quasi che il monoscopio si stesse rubando qualcosa, che avesse deciso di sottrarci una buona parte delle emozioni che da lui ci attendevamo. Col trascorrere delle stagioni, e roti l’avanzar, di nuove abitudini, il disappunto è andato scemando, sino a tradursi in una soddisfatta accettazione. Si è capito cioè che la lontana regola dei “serials” cinematografici stava riacquistando potere sotto nuove vesti.

La “novità”, a volerla giudicare tale, consisteva essenzialmente nel fatto che – pur permanendo il protagonista – veniva improvvisamente a mancare il fatidico ‘continua”, L’eroe, nell’arco di un’ora o poco meno, conclJohnny Focus di a. micheluzzi (4)udeva il proprio incarico di intrattenitore e si abbandonavi ad una proficua revisione delle proprie forze.

Quando tornava sullo schermo,pimpante e coraggioso, altri nemici stavano nell’ombra pronti a ghermirlo. Altri avversari e magari altri fondali, giacché non esisteva una regola obbligata circa gli scenari ed i paesaggi in cui immettere l’immacolato (difensore dell’ordine, un po’ quello che tocca all’impavido Johnny Focus di Attilio Micheluzzi, un reporter degli anni Settanta che con i suoi partners televisivi mostra parecchi punti di confluenza. Le sue avventure, per chiarirlo con un esempio settoriale, non s’imparentano con quelle di Jungle Jim o con quelle di Cino e Franco della “Pattuglia dell’Avorio” (se vogliamo restare in ambiente africano). Ma nemmeno si collegano alle frementi azioni pacificatrici che tanti protagonisti dell’avventura haJohnny Focus di a. micheluzzi (5)nno ripetuto sulle pagine dei giornalini quadrettati.

Intanto, per un ovvio adeguamento alle regole spettacolari introdotte dalla televisione, i suoi reportages si riassumono in un ben minor numero di pagine rispetto all’antico. La storia, armonizzandosi con i principi del piccolo schermo, si obbliga ad una sottolineata essenzialità, di situazioni e di personaggi. Quindici, venti tavole debbono risultare sufficienti per intrappolare il lettore e condurlo al previsto happy-end. Quindi, alla premessa di una avventura, altrettanto stringata e sollecitante, che può (o non può) rimettere in scena i fondali della precedente.Johnny Focus di a. micheluzzi (6)

Di qui, da questo aggiornamento narrativo, una diversa scansione delle storie e degli argomenti da affrontare: al massimo diversi e del pari invoglianti, ché il tema “esotico” – in fatto di avventura – ancora paga e taluni topici non sono certo finiti fuori corso. Focus, di conseguenza, viene abilitato a percorrere tutte le rotte possibili del mistero e della violenza. Può “lavorare” in Africa, ma pure in Asia, in America; tra gente che pratica il contrabbando d’armi oppure di avorio o di pellicce, tra tipi che mettono in atto sanguinosi piani dittatoriali o spioni che si vendono segreti-chiave per la sicurezza del loro paese.

Il tempo in cui un personaggio era costretto a percorrere lunghissime investigazioni e ricercJohnny Focus di a. micheluzzi (7)he per trovare il bandolo della matassa e per poter alfine concludere generosamente il proprio incarico è dunque tramontato. O , per dir meglio, non esiste più l’obbligo a rispettare formule che si ritenevano sacrali. Che siffatto rimescolamento delle parti porti con sé lati positivi e negativi non è neppure da porre in discussione. E senz’altro la diatriba potrà camminare a lungo in questo senso difensori e detrattori, Johnny Focus di a. micheluzzi (8)dell’una e dell’altra scelta, avranno materia per dibattere e per avanzare tesi nettamente opposte.

Al di là delle posizioni inamovibili e dei pregiudizi che tanto spesso inquinano simpatie ed antipatie, mi sembra comunque che i reportages di Johnny Focus rappresentino un buon esempio di possibile convivenza tra storie lunghe e storie brevi a patto – ovviamente – che l’autore sia convinto della scelta operata e che la sua non risulti invece l’accettazione silenziosa di un diktat editoriale. Micheluzzi, mettendo in pagina questo suo personaggio, dimostra di preferire ritmi narrativi stringati al massimo, di prediligere azioni che giungono alla conclusione nel breve spazio di qualche giornata, di puntare soprattutto su una notevole varietà di spunti criminali . . In sintonia – si dovrebbe aggiungere – con la cronaca quotidiana che e’ investe e ci accerchia.

Johnny Focus di a. micheluzzi (9)Ad ogni modo – e non per caso lo attesta lo stesso Micheluzzi con altre sue creazioni (quelle che hanno a protagonisti Petra Cherie oppure Marcel Labrune) – non si tratta evidentemente di una regola fissa (come in passato), né tanto meno di un obbligo che non si possa smentire a breve distanza. È possibile far coesistere romanzo e racconto, saga e novella, senza per questo cadere in contraddizione. Focus, proprio per il tipo di personaggio, di professione che svolge, di ambienti che frequenta necessitava di una scrittura estremamente rapida e ficcante. Poco disposta agli svincolamenti, ai percorsiintermedi, alle digressioni e alle pause meditative (per lui stesso e per il lettore ad un tempo).Johnny Focus di a. micheluzzi (10)

Poiché il rischio di un fraintendimento può stare dietro l’angolo ‘ voglio chiarire che l’aver accostato le storie di Focus alle molte serie di telefilm che circolano sui nostri schermi non sottintende per nulla un giudizio di scarsa considerazione. Anche tra i prodotti televisivi esistono considerevoli disparità di valore e di merito Il richiamo a quel tipo di spettacolo era un modo per far comprendere come anche nel settore del fumetto le acque non ristagnano immote e le proposte corrono lungo strade che non possono trascurare altre realtà riguardanti il tempo libero nella sua globale determinazione.

Claudio Bertieri

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